12.31.2007

Buon 2008...

Auguri... Cara...
tu scorri veloce e imprevedibile come un fiume.
Sei la mia vocazione, la mia gioia e la mia sofferenza.
Sono segnato dalla tua bellezza, dalle impennature delle tue frecce che trapassano il mio cuore.
Dici che sei fortunata, che mai incidenti gravi ti hanno fatto vittima (strappi, fratture, legamenti) e che sei circondata di affetto.
Ma un male ce l'hai anche tu.
E' il mal di passione. Che pervade, e perdura.
Saliresti a giocare a palla anche nei cieli se potessi, con l'Arcangelo Gabriele e con tutti i tuoi cari, che marcheresti stretti - a uomo - per sentirli sempre vicini. Sei persona leale e lo sappiamo.
A tutti i tuoi detrattori negli inferi faresti uno sgambetto e li lasceresti invece dove non meritano niente.
Parlare di te è rimettersi in cammino, sognare, poetare, brindare all'appartenenza, alla maglia, al magone della partenza, ai ricordi, alla tua grandezza d'animo.
Poi l'indocile storia di altri momenti rivestita,
quando a stento si sorride,
se mi schizzano in "panchina"
- senza volerlo -
la mia vita.
Buon anno vecchio piccolo dolce diavoletto...

12.28.2007

Il Professionista

Un libro, un regalo, una storia.

Rick Dockery, ex promessa del football americano, è un quarterback che non ha mai saputo trovare la spinta necessaria per diventare un grande giocatore. La sua carriera sembra ormai avviata verso una dignitosa mediocrità, con un ruolo di seconda riserva ai Cleveland Browns nella National Football League, la massima serie americana. Una sera, però, entrato in campo causa un infortunio degli altri due quarterback sul netto vantaggio della propria squadra (17-0 contro i Denver Broncos, gara che permetterà alla squadra vincente di disputare il Superbowl, il più importante evento sportivo annuale in tutti gli Stati Uniti), Rick riesce in pochi minuti a rovinare la partita, e la propria vita, con quella che sarà descritta da tutti i media come la peggior performance nella storia del football professionistico. Risultato: 90.000 tifosi furenti sugli spalti e l'agognata Finale mai raggiunta prima, svanita nel nulla.
Quando, dopo un incidente in campo, Rick si sveglia in un letto d'ospedale, la sua squadra lo ha già licenziato. Ma giocare a football è l'unico mestiere che Rick conosce, e per questo prega il proprio agente di trovargli, nonostante la sua ormai pessima fama, un ingaggio qualsiasi che lo aiuti a superare la crisi. Dopo una disperata ricerca, un posto sembra rendersi finalmente disponibile. È in Italia, nella squadra dei Panthers Parma: "Parma, Ohio?" chiede Rick, "No Parma, Italia" gli risponde il suo agente. Rick non sapeva nemmeno che in Italia il football fosse praticato e, a dire la verità, non essendo mai uscito dagli Stati Uniti, non ha nemmeno la più vaga idea di dove Parma si trovi. Tuttavia parte, di malavoglia ma deciso a superare questo momento di sciagura e tornare in America non appena gli sarà possibile. Viene accolto dal suo nuovo coach Sam Russo (che oltre a fare l'allenatore, guadagna qualche soldo facendo l'interprete per i turisti americani in visita a Parma) che gli spiega la diversità tra giocare a football americano in Italia rispetto agli Stati Uniti. Qui il football non è professionistico ma dilettantistico, ogni squadra ha diritto ad avere nella propria rosa tre americani, e le squadre facenti parte del campionato sono solo 10. Non girano molti soldi, e gli italiani giocano solo per passione per questo sport e vengono gratificati con una semplice pizza dopo le partite (da qui il titolo inglese "Playing for Pizza). Sam, inoltre, accompagna Rick in una piccola visita turistica della città, facendogli ammirare le bellezze artistiche: la Pilotta, il Battistero e il Teatro Regio.
In un rinomato ristorante della città, "Il polipo", Rick viene presentato ufficialmente ai suoi nuovi compagni di squadra, i quali sono entusiasti di avere nello spogliatoio un vero professionista proveniente dalla NFL. Viene accolto a braccia aperte da tutti, senza pregiudizi, e viene trattato come un amico di vecchia data. Tutti gli parlano e gli sono vicini, nonostante molti di loro non parlino l'inglese. Rick, sempre abituato ai lussi più sfrenati e ad un rapporto solo di tipo "lavorativo" sia con i compagni di squadra che con i suoi coach, rimane molto stupito e nota molte differenze tra l'Italia e gli Stati Uniti ma, settimana dopo settimana, riesce ad abituarsi.
Ciò che Rick però non sa è che, nonostante i mille, comici equivoci che un americano che conosce solo la propria lingua può generare nella provincia italiana, a Parma troverà molte cose che la vita negli Stati Uniti non aveva saputo offrirgli, nonostante alcuni sostanziali problemi:
- il cibo. Passare dal mangiare quotidianamente hamburger, cheeseburger, patatine fritte alla pasta, prosciutto, arrosto è tutt'altra musica.
- la macchina. Guidare una macchina col cambio manuale su strette strade cittadine è un problema per chi era abituato ad enormi stradoni su jeep con il cambio automatico.
- l'amicizia. Era dai tempi del college che Rick non stringeva più amicizie profonde con i suoi coetanei. Mentre negli Stati Uniti le sue amicizie se le era dovute guadagnare, qui in Italia viene trattato senza pregiudizi o intolleranze di alcun genere.
- il tempo libero. Rick ha uno stile di vita americano. Non conosceva l'opera e, quando i suoi amici parmigiani lo invitano al teatro Regio per la prima dell'Otello, ne è rimasto letteralmente folgorato.
- il Football. Nota che non è certo giocato ad alti livelli, ciò nonostante è giocato con una passione e con una determinazione che aveva dimenticato. In palio, non c'erano soldi, fama e pubblicità, erano solo partite ad alta intensità agonistica giocate al 90% da giocatori che non guadagnavano nulla da questo sport, l'unica cosa che li spingeva era unicamente l'amore per il football.
- l'amore. Rick dai tempi della high scholl non si era mai legato sentimentalmente a una donna, aveva solo avuto avventure, ma in Italia conosce Livvy, una studentessa americana di Savannah che studia Beni Culturali all'università di Firenze. Nonostante abbiano passioni diverse (lui ama lo sport mentre lei ama l'arte, lui è un tipo abbastanza pigro, lei è una ragazza iperattiva) sono accomunati dal fatto di sentirsi soli al mondo e di non avere una grande necessità di ritornare negli Stati Uniti dove hanno delle famiglie con le quali non sentono, per motivi diversi, un bisogno ed una necessità immediata di raggiungerli.
Mentre nel clima di brutale pressione del football professionistico non aveva saputo trovare un vero stimolo, saranno i valori di uno sport semiamatoriale, ma vissuto con genuina passione, a fare di lui, forse per la prima volta, un vero giocatore che ha riscoperto una volta per tutte la gioia e il piacere di giocare.

12.26.2007

Ogni volta

E ogni volta che viene giorno
ogni volta che ritorno
ogni volta che cammino e
mi sembra di averti vicino
ogni volta che mi guardo intorno
ogni volta che non me ne accorgo
ogni volta che viene giorno
E ogni volta che mi sveglio
ogni volta che mi sbaglio
ogni volta che sono sicuro e
ogni volta che mi sento solo
ogni volta che mi viene in mente
qualche cosa che non c'entra niente
ogni volta
E ogni volta che non sono coerente
e ogni volta che non è importante
ogni volta che qualcuno si preoccupa per me
ogni volta che non c'è
proprio quanto la stavo cercando
ogni volta
ogni volta quando....

Alla radio passa questa canzone, una delle mie preferite. Triste, malinconica. Di quel cantante che in un modo o nell'altro accompagna me e i momenti più importanti della mia vita con le sue canzoni fin da quando ero poco più di un bambino e ho cominciato ad ascoltarlo, magari senza capire a fondo le sue parole e quello che cantava. Magari l'ho capito molti anni dopo, magari non l'ho ancora fatto, magari alcuni suoi testi avevano un significato anni fa e ora ne hanno uno diverso, alcune cose che non mi spiegavo ora sono semplici e altre che mi sembravano banali ora le rivedo come piuttosto complesse. Deve essere il motivo vero per cui quelle canzoni sono sempre ascoltate a quasi 30 anni di distanza e non perdono mai il loro significato o il loro valore. Mi ricordo bene l'ultimo dei tanti concerti di Vasco Rossi a cui ho assistito. Una sera calda ma non afosa di giugno, rientro volante da Imola e via diretto a San Siro per il Blasco, con una mia amica, per passare insieme una serata allegra con una persona importante. Questa ragazza è stata sfortunata negli anni, molto. Dotata di incredibile intelligenza, educazione, ottimi modi di comportarsi, sensibilità e disponibilità è una di quelle ragazze che a volte devi proprio ringraziare che facciano parte della tua vita e che quando le vedi in difficoltà ti senti impotente a non poter fare niente per aiutarle. Pochi mesi dopo quel concerto sono stato al funerale di sua madre, preside di una scuola, e mi è rimasto impresso con incredibile lucidità il lungo corteo di ragazzini, tutti con una rosa rossa in mano, a precedere il carro funebre. E il ricordo si mescola a quando io e lei siamo state a casa dei genitori di Gabri, due sere dopo la sua partenza e lei mi ha fatto una forza incredibile e sapeva sempre cosa dire e cosa fare, mentre io ero in preda al panico e non aprivo bocca e se lo facevo era sempre per dire la cosa sbagliata nel momento sbagliato. E come Gabriele, lei è un po' un'anima fragile.

E tu
chissà dove sei
anima fragile
che mi ascoltavi immobile
ma senza ridere.
E ora tu chissà
chissà dove sei
avrai trovato amore
o come me, cerchi soltanto d'avventure
perché non vuoi più piangere!
E la vita continua
anche senza di noi
che siamo lontano ormai
da tutte quelle situazioni che ci univano
da tutte quelle piccole emozioni che bastavano
da tutte quelle situazioni che non tornano mai!
Perché col tempo cambia tutto lo sai
cambiamo anche noi
e cambiamo anche noi
e cambiamo anche noi!
e cambiamo anche noi!

Sono cambiato tanto negli anni. Ho fatto cose di cui non mi credevo capace. Ne ho fatte alcune di cui preferisco tacere. Più di paio di volte mi sono guardato allo specchio con aria perplessa. Mi vergogno? No. La vita impone certe azioni, la libertà e la soddisfazione di una persona viaggiano su un binario molto stretto tra i proprio diritti e i diritti altrui, bisognerebbe non sconfinare mai, ma a volte proprio non è possibile. E ogni medaglia ha il suo rovescio. Chi fa lo spazzacamino si sporca le dita. L'innocenza di un bambino, la sua semplicità, la sua verità. Il mondo pieno di inganni. La sopravvivenza.

Davvero non giochi più con me?
No sul serio Michelle, ora devo andare a casa. Vado a salutare la nonna però prima. Vieni su anche tu a salutare la nonna-bis?
Si. Prima eri con la mamma a salutare la Zia Anita?
Si ero con la tua mamma e la mia e la zia. Sono venuto qui per questo oggi. Ma non ti preoccupare giocheremo ancora il pomeriggio di Natale, settimana prossima sarò ancora qui.
La mamma mi ha detto che la Zia Anita ora è andata in cielo perché era molto stanca e li potrà riposarsi e sarà sempre felice. Sono contenta per lei, è tanto buona.
Sai la Zia Anita era la sorella del mio nonno. Mio nonno era buono e generoso come la Zia Anita.
E’ in cielo anche il tuo nonno?
Si, da prima che io nascessi. Non l’ho mai conosciuto ma gli ho sempre voluto un sacco di bene, proprio come tu al tuo.
I miei nonni sono buonissimi. E anche la zia Ale.
Hai ragione. Senti andiamo a prendere mia mamma dalla nonna-bis? Sai io ho un viaggio lungo ed ora è veramente tardi.
Tu sei molto bello.
Grazie, vuoi sapere una cosa? Sei molto bella anche tu.
La mia nonna dice sempre che anche la mamma era molto bella da piccola e che quando sarò grande mi sposerò e avrò dei bambini belli anche io.
Ti dico un segreto. La tua mamma da piccola era bella, ma tu lo sei molto di più.
E tu perché non ti sposi?
Perché non ho ancora trovato con chi sposarmi!
Non c’è nessuna che ti piace da sposare? Io mi sposo con il Mattia.
Oh si Michelle conosco delle ragazze molto belle come te, ma sposarsi non è cosi semplice come fate all’asilo. Quando sarai più grandina magari cambierai idea anche tu su Mattia.
Ma dimmi quella che ti piace di più e glielo dico io che vi sposate.
Ti ringrazio, ma non è così che funziona, e poi non ho per nulla fretta. Senti, ne parliamo meglio a Natale ora devo veramente andare.
Ma a Natale mi porti una foto?
Che foto vuoi? Ne facciamo una insieme io e te?
Una foto della ragazza che scegli da sposare.
Ah. Aspetta te la faccio vedere già ora, la tengo nel portafoglio. Ma poi devo proprio andare.
E’ molto bella anche lei.
Lo penso anch’io.
Cos’è questo?
E’ un disegno sulla pelle. Le persone quando sono un po’ più grandi a volte se lo fanno.
Perché?
Così, per bellezza. Perché di solito piace.
Perché ride?
Perché la stavo facendo ridere, era un momento che eravamo felici.
Sono contenta se ti sposi con lei. La mamma dice che essere felici è la cosa più bella e che io devo essere sempre felice così lo sono anche lei e papà.
La mamma ha ragione. Andiamo che è tardi e devo salutare la nonna.
Si, mi lasci la foto?
Mah… E che cosa te ne fai? E io cosa tengo?
La voglio perchè la metto nel libro delle favole e la faccio vedere all’asilo.
Senti facciamo così, questa è molto importante per me non posso dartela, te ne porto un’altra a Natale dove ci sono su anch’io, cosi se vuoi fai vedere pure me. E poi ne facciamo una io e te insieme, così posso farti vedere anch’io ai miei amici. Ok?
Si ma a Natale devi giocare ancora con me e con il nonno.
Te lo prometto.
Andiamo su dalla nonna-bis.

Il ricordo di questa scena nella mia mente è cullato dalla radio che passa una vecchia canzone che fa...

La luce buona delle stelle
lascia sognare tutti noi
ma certi sogni son come le stelle
irraggiungibili però
quant'è bello alzare gli occhi
e vedere che son sempre là
è cresciuto sai
quel ragazzo che sognava
non parlava ma
a suo modo già ti amava
tu il sogno
più sognato
più proibito che mai... che mai

E ancora la mente vola in fretta, vola e in un fotogramma ci sono altre immagini davanti e in sottofondo le parole le accompagnano sempre in modo perfetto

every night you know
you will dream alone
it's never ending
of a boy in love
with a girl that he
can only dream of
when you see
the stars shine brightly
I will be thinking of you
forever...

"Perché non hai mai cercato un’altra? Ti avevo detto di farlo."
Ero sempre a disagio per la sua sincerità, e questo mi costringeva a distogliere lo sguardo. Vorrei che avesse avuto la stessa sincerità anche in una promessa fatta a me. Non solo lo pensai, ma lo dissi anche. E mi accorsi subito di una certa punta di amarezza nella mia voce. Si è limitata a guardarmi, sbattendo le palpebre. E tra noi è calato ancora il silenzio. Silenzio nella notte mailluminato a giorno dalla luce delle stelle. Le stesse stelle che ci hanno benedetto una sera, quando non ci conoscevamo ancora così a fondo ma loro avevano già scritto tutto, e poi sono rimaste divertite a vedere che cosa succedeva sotto la loro luce...

la luce buona delle stelle...
la luce buona delle stelle...
stars will shine brightly forever
as long as you know my dream's with you
think of me as your light in a tunnel
think of me as your dreams come true
nascerò con te
morirò con te ogni volta
every night must end
but when day begins
we'll see another
ma non senti
che ti chiamo, che
ho bisogno di te
di un sogno
together
insieme
when you see
the stars shine brightly
I will be thinking of you
forever...
la luce buona
la luce buona delle stelle...

La fine della canzone e una lunga grattata alla testa mi hanno riportato al punto in cui ero partito e intanto che ripensavo a quel concerto di San Siro del mese di giugno, guardando anche le foto, mi sono reso conto che era il primo di tanti concerti che non ho visto dal prato ma seduto ai margini dello stadio, e che quando sono arrivato invece di cominciare a sgomitare per arrivare il più vicino possibile al palco ho deciso che non volevo saperne niente di fare fatica ad avanzare, a stare in mezzo a tutta quella folla, di prendere botte e spintoni, e mi sono seduto con la mia amica e un paio di birre ad aspettare il concerto in un posto molto lontano da tutti, dal palco, dalla gente, dall'evento. Mi sono accontentato.
Ma almeno ho potuto godermi un po' la vista di quello stadio e pensare a tutte le partite e i concerti che ho visto li, a quanto alcuni di essi siano sempre nei miei ricordi più cari mentre altre presenza in quello stadio siano state dimenticate apparentemente con velocità. Ed è buffo pensare come in un momento piuttosto delicato anni fa regalai i biglietti di un altro concerto alla ragazza che ora forse sa più cose di me di tutte, con cui negli anni ho condiviso tante esperienze, positive e negative, avventure, vacanze, serate, confidenze, gioie e dolori. E mi piace pensare che ci sia un filo conduttore in tutte queste storie che tra loro hanno appunto qualcosa in comune, che sia quel cantante o quello stadio o quello che volete voi. O magari niente. Infatti proprio non riesco a capacitarmi come delle volte non bastino neanche queste persone per farmi sentire vivo, per darmi un senso. Come il titolo della canzone che è partita ora alla radio, delle volte nel bene e nel male si deve camminare da soli in questa vita che sembra sempre più un "viale dei sogni spezzati", o "Boulevar of broken dreams" per dirlo come i Green Day...

I walk a lonely road
The only one that I have ever known
Don't know where it goes
But it's home to me and I walk alone
I walk this empty street
On the Boulevard of Broken Dreams
Where the city sleeps
and I'm the only one and I walk alone
My shadow's the only one that walks beside me
My shallow heart's the only thing that's beating
Sometimes I wish someone out there will find me
'Til then I walk alone
I'm walking down the line
That divides me somewhere in my mind
On the border line
Of the edge and where I walk alone
Read between the lines
What's fucked up and everything's alright
Check my vital signs
To know I'm still alive and I walk alone

La canzone finisce e nella mia mente torno a guardare il vuoto. Poi una voce che non capisco da dove provenga mi martella in testa una domanda. E la risposta proprio non riesco a dirla. Mi scorre davanti, ce l'ho in testa, ma non mi esce. Mi è sfuggita. Mi sono detto che era colpa della lontananza, della lingua, del momento. Però la verità è un’altra. L’ho lasciata andare. Come tutte le altre. Ma a differenza di tutte le altre su di lei ho un rimpianto. E non è di un banale senso fisico, perché mi sono ripetuto più volte e ormai auto convinto che una ragazza così bella non la troverò mai più. Alta, possente, elegante, atletica, perfetta dalla testa ai piedi, dalla gambe magre e muscolose alle spalle massicce e eleganti, dalla bocca, al naso, il viso, e anche qualche piccolo difetto che non ne scalfiscono minimante la perfezione, ma la rendono solo umana. Ma non si tratta di questo, questo col tempo sparirà anche per lei e il suo valore di persona continuerà a basarsi su altre straordinarie doti. Si tratta di un ponte per un mondo che mi ha sempre affascinato e che nel mio universo è infinatamente meglio di quello grigio, stretto e triste che mi circonda ora. Perchè in fondo, quello era un mondo perfetto dove nascondersi e dove soprattutto spariva ogni altro pensiero.

Yesterday, all my troubles seemed so far away
Now it looks as though they're here to stay
Oh, I believe in yesterday
Suddenly, I'm not half the man I used to be
There's a shadow hanging over me.
Oh, I yesterday came suddenly
Why she had to go I don't know she wouldn't say
I said something wrong, now I long for yesterday
Yesterday, love was such an easy game to play
Now I need a place to hide away
Oh, I believe in yesterday

Mentre finisce la canzone mi accorgo che sono le 23 da poco passate e la notte di Sky propone dall'altra parte dell'oceano Los Angeles - Phoenix, NBA, incontro di cartello del giorno di Natale. Imperdibile. La sigla mi fa dimenticare tutti i pensieri della notte del periodo delle feste, mi divertirò un po' vedendo Kobe e i suoi giovani spavaldi compagni contro Steve Nash e il suo collaudato sistema di gioco. Phil Jackson ha un papillon rosso molto natalizio ma molto poco televisivo, il coach avversario Mike D'Antoni è impeccabile come anche a Treviso lo era sempre. Il campo è circondato da VIP, registi, attori, personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport. Sotto i canestri una ventina di splendide cheerleaders in succinti abiti natalizi, peccato che invece che bianco e rossi, abbiano i colori giallo viola dei Lakers. In fondo, anche a Los Angeles, è Natale. E nei time out, come da tradizione, parte uno dei jingle più famosi dei Queen.

Buddy you're a boy make a big noise
Playin' in the street gonna be a big man some day
You got mud on yo' face
You big disgrace
Kickin' your can all over the place
We will we will rock you
We will we will rock you
Buddy you're a young man hard man
Shouting in the street gonna take on the world some day
You got blood on yo' face
You big disgrace
Wavin' your banner all over the place
We will we will rock you
We will we will rock you
Buddy you're an old man poor man
Pleadin' with your eyes gonna make
You some peace some day
You got mud on your face
Big disgrace
Somebody betta put you back into your place
We will we will rock you
We will we will rock you

Esiste una triste verità a proposito delle partite di basket. Mentre è praticamente impossibile che un solo giocatore vinca la partita da solo, è spesso possibile che basti un solo giocatore perché venga persa. Ti prego di non essere mai quel giocatore. Non lo sopporterei.

Credo abbiam perso la testa
o soltanto perso di vista le cose più vere
nel mare in tempesta e forse non basta.
Ti confesso di avere paura e non mi era ancora successo
paura del mondo, di te e a volte anche di me stesso,
no no non passa.

C'è la gente che non sa. La gente comune che vive "all'incirca". Vive in anni, mesi, settimane, giorni e ore. Che conosce solo due lancette d'orologio. Perchè i secondi sono puntini che si possono anche scordare. Non è che pesano molto. Poi c'è il mondo del basket. Ci siamo noi. Che viviamo in secondi. 24 per un'azione. 8 per superare la metà campo. 5 per fare la rimessa. 5 per stare con la palla in mano. 3 in cui puoi stare in mezzo all'area. 60 durante un time out. Che vivono di secondi. Di attimi giusti per passare la palla. Per intercettare un pallone. Per stoppare. Per non farsi stoppare. Per battere il proprio avversario. Per eseguire lo schema. Per saltare al momento giusto. Che vivono per i secondi. Perchè hanno capito che pesano. E che le partite non finiscono a 38' e 58".
Il lavoro che faccio porta a dei vantaggi, ma comporta tanti rischi. Porta a tante cose che la gente che non lo conosce non può capire, porta a vedere tante cose marce e ad accettare che succedano, qualche volta a combatterci, altre ti obbligano a tapparti il naso e girarti dall’altra parte per convenienza. Ti puoi gestire, ma se non riesci a farlo sei finito. E’ come avere un’amante. In certi momenti non ci piace tanto. Oppure non piacciamo a noi stessi quando stiamo con lei. I momenti veramente buoni sono fugaci e forse non valgono il rischio. Però quando cerchiamo di piantarla, c’è sempre qualcosa che ci tira indietro. Alla radio passa Breakaway.

Grew up in a small town
And when the rain would fall down
I'd just stare out my window
Dreaming of what could be
And if I'd end up happy
I would pray
Trying hard to reach out
But when I tried to speak out
Felt like no one could hear me
Wanted to belong here
But something felt so wrong here
So I prayed I could break away
I'll spread my wings and I'll learn how to fly
I'll do what it takes til' I touch the sky
And I'll make a wish
Take a chance
Make a change
And breakaway
Out of the darkness and into the sun
But I won't forget all the ones that I love
I'll take a risk
Take a chance
Make a change
And breakaway
Wanna feel the warm breeze
Sleep under a palm tree
Feel the rush of the ocean
Get onboard a fast train
Travel on a jet plane, far away (I will)
And breakaway
Buildings with a hundred floors
Swinging around revolving doors
Maybe I don't know where they'll take me but
Gotta keep moving on, moving on
Fly away, breakaway
I'll spread my wings
And I'll learn how to fly
Though it's not easy to tell you goodbye
I gotta take a risk
Take a chance
Make a change
And breakaway
Out of the darkness and into the sun
But I won't forget the place I come from
I gotta take a risk
Take a chance
Make a change
And breakaway, breakaway, breakaway

C'è una scena immaginaria con un breve dialogo tra un ragazzo e una ragazza.
"Volevo sentirti dire che sei felice, non che ti ho rovinato la vita. "
"Non sono infelice, non mi hai rovinato la vita. Solo che non ho mai trovato abbastanza spazio nel mio cuore per qualcun’altra. Non mi fido molto delle persone. Credo di dover ringraziare anche te per questo."

Era quel tipo di ragazza. Assolutamente incapace di nascondere le proprie emozioni. Quando era contenta il suo viso si illuminava, quando era arrabbiata i suoi occhi bruciavano di fuoco cupo. Quando era triste si immobilizzava. Non le aveva né serbato rancore né aveva smesso di amarla, ma quel giorno lontano qualcosa era morto in lui. Forse la capacità di avere fiducia negli altri.

E allora, bambina, c'è poco da dire
se non che mi troverai qua:
cambiato per niente, ma neanche scontento,
fottuto dal dovere pensare di dover avere.
Ma ci sarà un souvenir che ci riporterà solo certi momenti.
E sarà un bel souvenir una fotografia, una canzone fra i denti.
Ma ci sarà un souvenir che ci commuoverà
fino a farci contenti.
Tieniti il tuo souvenir
da mettere via poi ridicendoti "avanti".
Se tutto va in fretta sarò una saetta
e tu lo sarai insieme a me
peccato soltanto che ci sarà il tempo in cui dovremo dire:
"Adesso è giusto riposare".
Ma ci sarà un souvenir che ci riporterà solo certi momenti.
E sarà un bel souvenir una fotografia, una canzone fra i denti.

Qualche volta è meglio tenersi dentro la verità; se non la dici non fa tanto male.

12.25.2007

Buon Natale

E' Natale anche quest'anno.
Lo so perchè ci sono i Babbi Natale finti appesi ai balconi o alle pareti delle case. Sono spaventosi, quasi inquietanti. Ci sono delle fastidiose musichette natalizie nei negozi che neanche un carillon inceppato degli anni '50. Ci sono i concerti di Natale ad ogni Chiesa, i presepi viventi, le raccolte fondi perchè siamo tutti più buoni, i cori dei bambini che intonano i classici canti natalizi. Abbiamo giocato la partita di Natale, che è diversa da tutte le altre perchè è l'unica volta all'anno in cui torniamo su un campo di calcio a 11, con le vere scarpe a 6 tacchetti, e finiamo tutti gli anni lamentandoci di quanto è grande il campo, di quanto siamo invecchiati e fuori forma, di quanto eravamo più veloci e resistenti dieci anni fa.
Odio il Natale. Non il Natale in sè, odio tutto il suo contorno, l'atmosfera che si deve respirare per forza, le manie della gente. Odio gli auguri. Oggi il mio telefono continuava a squillare, una serie infinita di sms di gente che non sento mai durante l'anno, persone di cui conosco a malapena il nome, gente che mi scrive "Auguri di cuore" o "Ti auguro ogni bene" e non so bene perchè, magari è gente con cui per lavoro ci si scanna o ci si maledice ogni momento ma oggi mi mandano gli auguri coinvolgendo quasi sempre anche "tutti i miei cari" e "la mia famiglia". Se conoscessero sul serio me e almeno un po' la mia famiglia forse sarebbe anche un gesto apprezzato. La maggior parte di questi sms poi non sono firmati e siccome provengono da persone che non sento spesso, capita di non avere il numero sul telefono e non sapere neanche chi mi manda questi auguri così sentiti... è quasi nauseanti. Qualcuna (spero) mi ha mandato anche dei bacioni, delle filastrocche carine e degli "abbracci che ti scaldino il cuore". A un paio di questi sms ho risposto dicendo che io contraccambio tutto quello che mi hanno scritto, ma mi piacerebbe conoscere il nome del mittente... ma non mi hanno più risposto. Gente strana al mondo...
In compenso ho partecipato anch'io come ogni anno alla caccia selvaggia al regalo. Ho scelto un sacco di cose inutili, un sacco di regali fatti solo per la necessità di contraccambiare qualcosa che arriverà, cose scelte a caso, guardardo un po' il prezzo, un po' le dimensioni, i colori, la marca. E' triste, lo so. Ma tutta questa festa è triste. Eì triste anche quando ti regalano capi di abbiagliamento che non metterai mai perchè proprio non sono nel tuo stile o quando si inventano come regalo accessori strani, cose inutili ma "simpatiche"... Quante volte avete aperto il regalo di qualcuno che mentre stavate scartando diceva: "Guarda...è proprio una scemenza!" Ma che cazzo me lo regali a fare allora??? Questo circolo vizioso ha senso solo con le poche persone intime, un pretesto per avere un'occasione per regalare qualcosa di bello e ricevere qualcosa di altrettanto bello.
Questa sera aprendo i regali sotto un mini alberello di plastica mi sono ricordato i Natali di tanti anni fa, quando si era bambini, c'era mio fratello in casa, si faceva il presepe, si dava un significato diverso a tutto e si aspettava questa notte per tutto l'anno. Il Natale dovrebbe esistere ed essere festeggiato fino a un massimo di 14 anni, dopodichè diventa un periodo inutile, pieno di stress, di rotture, di cose da fare, di tradizioni fastidiose. Non parliamo neanche del significato della festa religiosa, visto che ormai non so se lo insegnano neanche più a catechismo, vedo in giro Babbi Natale con le pubblicità di un negozio sul vestito, ragazze in giro con i pattini al 24 dicembre con il cappello di Babbo Natale e una microgonna inguinale che diffondono lo "spirito" natalizio presso grandi e piccini, slitte finte tirate da renne finte...
Poi la gente… La gente mangia fino a scoppiare. Sembra una corsa all'ingrasso. Tutti i pasti devono avere almeno 7 portate, durare minimo 4 ore e avere non meno di 18 persone sedute a tavola. E i cibi devono avere minimo 2.000 calorie a porzione, se no non sono natalizi.
E c’è pure freddo a Natale. E un sacco di umidità. Quel freddo che starei a letto tutto il giorno. Con pensieri tutt’altro che natalizi. E stasera mi ero pure messo a letto a leggere il giornale, da solo, in silenzio. Visto che da giorni non ho tempo di farlo perchè ci sono i regali da cercare e i pranzi da organizzare e gli auguri da fare a tutti. Solo che era continuamente disturbato da sms di auguri di persone sconosciute, o quasi. E allora sono stato vinto dallo spirito triste del Natale. La fine della Messa, il vin brulè, i brindisi con gli amici e le pacche sulle spalle. Altri sms, altri cibi ingurgitati. I regali da aprire sotto un albero finta, la tristezza, il pensiero "dai che passa in fretta", e domani ci sarà il pranzo in famiglia.
E' Natale anche quest'anno, tanti auguri a tutti.

12.13.2007

E quanta nostalgia!

Perchè poi, ci si chiede anche perchè.
E 7 anni sembrano passati da pochi secondi, ma in realtà è una vita fa. E in campo si vede.
Perchè se devi vedere un contropiede in Eurolega condotto da Di Bella, appoggiato da Giovannoni e concluso da Mc Grath... beh... non è difficile capire come mai le squadre italiane non sono più competitive in Eurolega. Perchè solo nel 2001, quelle stesse maglie bianconere della Virtus, l'hanno alzata quella Coppa. Sotto il cielo di Bologna. Però lo stesso contropiede di stasera lo facevano Rigaudeau, Jaric e Ginobili. Qualcosina cambia... Il basket italiano è in crisi, non ci sono soldi, non andiamo neanche lontamente vicino a giocarcela con le migliori squadre dei campionati "ricchi". Nel 2001 la Virtus vinceva l'Eurolega contro il Tau di Scola, Bennet e Oberto con una squadra che poteva permettersi di far partire dalla panchina Andersen, Smodis e Picchio Abbio. Oggi nella panchina della Virtus siedono Crosariol, Garri e Michelori. Quanta nostalgia. La Virtus di Danilovic contro la Fortitudo di Myers. Quelle squadre vere, quei campionati esaltanti, quei giocatori che erano in Italia e non in Russia o in Israele o in Spagna o in Grecia. Che ora ci dominano in Eurolega, e noi ci chiediamo anche perchè.
Quanta nostaglia, di quegli anni da bambino in cui la mamma comprava sempre i Kinder, e le pubblicità avevano una storia da raccontare, e la pallacanestro era divertente come tanti anni dopo non lo è più e poi si pregava ancora la mamma di ricordarsi proprio quei cioccolatini per lo zainetto quando si andava a sciare la domenica. Quella marca che tanti anni dopo è diventata il nome di una squadra stellare. Una squadra di cui noi e il basket abbiamo una nostalgia pazzesca.
E anche le pubblicità cosi belle un po' ci mancano, perchè quelle è sempre un piacere guardarle.
Sotto il cielo di Bologna, storie belle quasi come i trofei vinti.


12.06.2007

Dov'è.... fin là.... dov'è.... questa felicità....

Credi che sia facile
Credi che sia semplice
Vai a farti fottere
Credi che sia
Una storia semplice
Cielo senza nuvole
Un amore utile
Sempre alla ricerca DOV'E'??
Uhò dov'è? Fin là!!
Dov'è?...uh! dov'è...
Questa felicità!
DOV'E'???

Ora che sono Ora che sono qui
Nel supermarket di questo stupido
stupido hotel
E tu non sei qui con me
Tutto mi sembra inutile
Tutto mi sembra com'è...
telefonarti o uccidere
Che differenza c'è...


Vedo mia mamma comprare un sacco di puttanate per il mio nipotino. E queste puttanate, per il loro reale valore, sono costosissime. E poi la sento lamentarsi che la spesa è sempre più cara, che le bollette crescono, che il lavoro gira male. Ma continua a sprecare soldi per palle e palline di tutte le dimensioni, cianfrusaglie che suonano e che dopo due giorni non vengono più guardate dal bambino, costruzioni di legno e altre diavolerie che gli danno felicità per pochi secondi. Eccola, la parola chiave. Felicità. Mi viene in mente quando ero bambino io, quanti capricci, quanti giochi o accessori a gadget più o meno utili che ho fatto comprare. Quanti capricci. E con quelli credevo di essere felice, magari lo ero davvero anche, per pochi secondi. E poi ne volevo subito un altro, qualcosa di più nuovo, di più bello. Ed ero capace a rompere i coglioni e a piagnucolare per un sacco di tempo. E se e quando lo ottenevo, che fosse per Natale o per un premio spesso immeritato, non mostravo neanche troppa riconoscenza e gratitudine. Oggi mi odio un po' per il mio comportamento e per tutti gli sprechi, economici materiali e affettivi, della mia vita. E per tutte le volte che combinavo casini, che prendevo note a scuola, che costringevo i miei a infinite riunioni e colloqui per il mio comportamento e la mia condotta, per i brutti voti nascosti, per i litigi, i musi in casa, i danni. E ancora oggi per il mio carattere chiuso, la mia mancanza di soddisfazione e gratitudine per chi ha fatto per me. E il mio non essere capace di dimostrare loro affetto. Poi ci penso su. Cazzo, è proprio una delle cose che mi fanno stare male. Quando mi aspetto riconscenza e affetto e gratitudine e certi miei gesti vengono pressochè ignorati, e mentalmente covo una rabbia tramenda verso chi mi tratta così in cambio di tutto il mio impegno, i miei sacrifici e, non per essere banale, il mio portafoglio. E ora guardo il mio nipotino che neanche mi guarda mentre gioca, e che neanche si ricorda di tutti quei giocattolini e palline che lo circondano, e vorrei fargli guadagnare degli anni, fargli capire che cosa è giusto chiedere, che cosa è giusto avere, e quanto sia stupido far buttare via i soldi per inutili capricci. Vorrei spiegarglielo, vorrei "educarlo". Poi ci mi metto a riflettere ancora. Ma io non faccio sempre la stessa cosa di mia mamma? Non ho appena deciso di farlo ancora? Nonostante un'altra incazzatura... Eh si cazzo, una grossa rinuncia personale, dei soldi forse buttati per me ma che hanno reso felice, seppur per un attimo, qualcuno. E per me, come per mia mamma con il mio nipotino, la verità è che la vera gioia non si trova nelle cose materiali, ma nel far felice la persona che desideriamo far felice. E non c'è niente di paragonabile. Siamo acciecati.
Ora, finalmente, lo so.
Avrei voluto essere un bravo figlio, un bravo studente, un bravo fidanzato.
O almeno, uno dei tre.

Marco Benzi


Marco Benzi.
Già, Marco Benzi.
Quanto l'ho odiato, sportivamente parlando.
Oggi mi viene ancora in mente quel dannato canestro parlando di Marco Benzi. L'ultima volta che vidi suo fratello Matteo, ormai due anni fa, gli chiesi: "Come sta Marco?" "Bene, dice che fa l'ultimo anno in serie C poi smette, inizia ad allenare i ragazzini." In realtà ne ha fatti ancora due di anni, ma per uno come Marco Benzi non deve essere facile uscire per sempre dal campo. Quando oggi mi hanno parlato ancora di lui mi è rivenuta subito in mente quella sera di tanti anni fa. Palazzetto dello Sport di Argenta, provincia di Ferrara. Finale per salire in Serie B1. Gara 3. In gara 1, ad Argenta, Marco Benzi temutissimo tiratore ci fa un culo grosso come una casa. In gara 2 gioca molto bene, ma da noi non vince nessuno da più di un anno, si torna ad Argenta per la bella. Ricordo un viaggio in pullman carico di nervosismo, ricordo all'arrivo ad Argenta la gente che ci guarda male, qualcuno urla anche qualcosa di incomprensibile. Per molti di noi è la partita più importante mai disputata. Pure io che non giocherò sono teso come non mai. Le ore prima del match non passano mai, poi finalmente si gioca. Partiamo male, ancora, e sembra la fotocopia di gara 1, ma poi si risale da meno 20 e si va punto a punto. E Marco Benzi, giovane talento da poco allontantosi dalla sua Rimini dove non trovava spazio in Serie A per fare il protagonista in B, è tenuto sapientemente a 0 punti. Arrivano i minuti finali, sprechiamo come dei polli 7 punti di vantaggio a un minuto e mezzo dalla fine e ci si trova più 1 a circa 20 secondi. Eccolo li, su uno scarico si fa trovare pronto lui, Marco Benzi, fino ad allora 0 punti segnati. Ma quel tiro cambia la storia. Vince Argenta. Una delusione pazzesca per noi, festa sfrenata per loro. Segnati a lungo. Tenuto a secco per 39 minuti e mezzo, ha vinto la partita. Come fanno i veri campioni, nel momento decisivo.
Anche l’ultimo canestro Marco Benzi l’ha segnato in modo originale. Nel suo Palazzetto. Uno dei tanti in cui ha riversato triple, assist, voglia di vincere e stupire. Lo ha segnato con sopra corone di fiori, e attorno una marea commossa, quasi rapita nell’ultimo saluto a un ragazzo di 34 anni strappato troppo presto a una vita tutta da vivere.
Lo ha segnato negli occhi e nei cuori di chi ha voluto ricordarlo così, con una cerimonia spartana ma di notevole impatto, in un Palazzetto listato a lutto e straripante di lacrime, raccolto attorno a chi ha dato tantissimo alla pallacanestro, in ogni senso.
Duemila anime, molteplici presenze dal mondo del basket che per lui era più di uno sport. Motivo di aggregazione, di felicità, di allegria, scelta di vita, se da poco aveva intrapreso la carriera di allenatore, proprio in questo campo e con la voglia matta di insegnare sport ai più giovani.
Erano presenti proprio in tanti. Uomini di sport ma non solo, perché l’ultimo canestro è per uomini e basta, amici e semplici conoscenti che hanno voluto rendere omaggio alla grandezza di “un ragazzo che dopo la pallacanestro stava cercando di reinventarsi, di rimettersi in gioco assieme a tutta la sua famiglia”.
Un pensiero a stento trattenuto dal groppo in gola, “Marco c’è e ci sarà sempre”. Ci sarà anche la sua memoria nella lotta infinita per sconfiggere quello che gli era stato riscontrato, un "problema" alla testa, che però si riteneva fosse di natura benigna. Al momento dell'intervento chirurgico s'è scoperto che le cose non stavano, purtroppo, così. Anzi, proprio in occasione di quella "ricognizione" sorsero ben più gravi complicazioni, e proprio sotto gli occhi affranti e disperati del padre, che in quanto medico assisteva all'intervento di un collega. Marco ci sarà nel cuore della moglie Arianna, del figlio Giacomo, appena 3 anni e un futuro da scrivere. Quel futuro spezzato a chi lascia in eredità valori da tenere stretti, altruismo, famiglia, serenità, forza d’animo.
L’ultimo canestro prende forma anche dopo, nel tragitto che da Santarcangelo porta Marco al cimitero di Rimini, dove tutto finisce nel freddo di un autunno appena cominciato.
L’ultimo canestro l’ha segnato per davvero, ancora una volta, ancora più forte, mentre l’ultimo saluto abbraccia Marco Benzi, campione dentro e fuori quei 24 metri messi li apposta per non dimenticarlo mai.

I portieri

Quello del portiere è un mestiere duro, spettacolare, difficile. Per uomini veri, spesso pazzi, di certo coi coglioni.
Nella mia vita tanti sono i portieri che mi hanno fatto "innamorare" di loro per parate, atteggiamenti, esultanze, stili, modi di interpretare il ruolo. Per esempio Tacconi, Gatta che aveva una reattività incredibile, Peruzzi.... Garella che ha contribuito a fare grande il Napoli di Maradona parando più coi piedi che con le mani, Pfaff che era la vera forza del suo Belgio, Shilton colonna dell'Inghilterra per quasi vent'anni....
Troppo facile, invece, innamorarsi di Gianluigi Buffon.