9.20.2011

SILENZIOSA, MA DECISA: PAOLA ERA LA CAPITANA

dopo 5 anni, per non dimenticare...

Di Antonella Mattioli

BOLZANO. Sullo striscione lungo sette metri campeggia la scritta: «Sarai sempre la nostra capitana». Carlo Alberto Valer, storico vice presidente del Basket club Bolzano fondato nel 1966, oggi lo appenderà in cima al muro del Palazzetto dello sport dedicato a Paola Mazzali, scomparsa in un incidente stradale il 25 agosto del 2006. Oggi e domani si disputerà il Memorial in ricordo della mitica maglia numero 5.

Quando si parla di Paola a Valer viene il nodo alla gola: «Per me è stata come una figlia: ironia della sorte anche mia figlia si chiama Paola». Il ricordo della capitana è legato ai trionfi della squadra di basket femminile che nella stagione 2003-2004 è salita in serie A1 e vi è rimasta anche in quella successiva. «Paoletta - dice il vicepresidente - era la capitana in tutti i sensi. Ruolo e personalità le erano riconosciuti anche fuori dai confini regionali, tanto che quando siamo passati nella categoria principale la Gazzetta dello Sport dedicò una pagina intera all’atleta, tornata grande, dopo due maternità».

Sguardo magnetico, carattere deciso, era la ragazza squadra. «Lei non parlava molto, le bastavano uno sguardo, una parola per spegnere un pericoloso fuoco». Paola aveva quel carisma importante sempre ma indispensabile in una squadra femminile. «Dove - dice ridendo Valer - un passaggio sbagliato o fatto in ritardo può diventare un caso di Stato, se non c’è qualcuno che disinnesca subito la miccia».

Se il vicepresidente del Bcb ricorda l’atleta, i genitori Renato e Gloria ricordano la loro unica figlia scomparsa a 32 anni. «Questa - dice la mamma anche lei giocatrice di talento che le ha trasmesso la passione per il basket - è una mazzata dalla quale non ti risollevi più. Si va avanti certo, ma nulla è più come prima. Anche il passare del tempo di fronte ad un dolore così grande non ha alcun effetto benefico».

Da quel maledetto 25 agosto di cinque anni fa il sonno di Gloria Vallazza troppo spesso si trasforma in incubo. «Rivedo in continuazione i due carabinieri che alle 3 di mattina del 26 agosto (Paola è morta alle 22 del 25 in autostrada tra Affi e Verona nord, ndr) hanno suonato il campanello: non ricordo i volti, solo le divise. Sono stati molto premurosi. Mi hanno spiegato che non sapevano cosa fosse successo, ma dovevo chiamare subito l’ospedale di Verona. Fino all’ultimo ho sperato che fosse solo ferita, il poliziotto però senza tanti giri di parole mi ha detto: «Sua figlia è deceduta. Ha usato proprio questa parola: deceduta». Il mondo mi è caduto addosso.

Non potevo crederci. Tanto che gli ho risposto: «Non è possibile perché mia figlia ha due bambini». Simone compie oggi 12 anni, Federico ne ha 9. A loro i nonni e il papà Alessandro Davi si sono aggrappati per andare avanti.

«Sono entrambi molto bravi - dice con orgoglio il nonno Renato Mazzali -. Vanno bene a scuola e soprattutto il grande è molto responsabile: si preoccupa che in frigo ci sia tutto quello che serve e va a fare la spesa. Lui aveva 7 anni quando è morta Paola ed ha sofferto tantissimo. Troppi i ricordi che lo legano alla sua mamma. Per il piccolo invece è tutto più sbiadito e quindi meno doloroso. Anche se ne parla spesso. Nell’afa di agosto una domenica Federico mi ha detto: nonno, la mamma al cimitero avrà un caldo terribile».

Da ex giocatori entrambi, i nonni materni hanno un unico piccolo rammarico: «Simone e Federico giocano a calcio nel Pool Laives, ma niente basket».
Gloria ricorda ancora i due nipotini che in palestra, assieme a Paola, avevano cominciato ad avvicinarsi alla pallacanestro. «Ma adesso abitando a Laives - dice la nonna - è tutto più difficile. Comunque l’importante è che facciano un po’ di sport: fa bene al fisico ed è un modo per divertirsi stando con gli altri».
Assieme ai due nipotini, a Gloria e Renato restano momenti e sensazioni importanti. La mamma rivede spesso ogni attimo dell’ultimo giorno: «Il giovedì l’avevamo passato assieme: dopo un periodo un po’complicato era serena. Era agosto ma Paola aveva già deciso come si sarebbe organizzata per l’inverno, dividendosi tra allenamenti e figli. Poi il destino ha deciso diversamente».

fonte: ALTO ADIGE

10.28.2009

Giu', proprio in fondo....

Una volta Tanzan ed Ekido camminavano insieme per una strada fangosa.
Pioveva ancora a dirotto.
Dopo una curva, incontrarono una bella ragazza, in chimono e sciarpa di seta, che non poteva attraversare la strada.
“Vieni, ragazza” disse subito Tanzan. Poi la prese in braccio e la portò oltre le vaste pozzanghere.
Ekido non disse nulla finchè quella sera non ebbero raggiunto un tempio dove passare la notte.
Allora non poté più trattenersi. “Noi monaci non avviciniamo le donne” disse a Tanzan “e meno che meno quelle giovani e carine. E’ pericoloso. Perché l’ hai fatto?”.
“Io quella ragazza l’ ho lasciata laggiù” disse Tanzan. “Tu perchè la stai ancora portando con te?”.

Incancellabile

Guardo un puntino in un universo infinito e mi ricordo brutalmente come noi siamo mortali, poveri e brevi. Quello che la mente umana dimentica, o cancella con l'esaurirsi della vita rimane vivo e brillante nei ricordi eterni dell'universo e per l'eternità l'universo, infinito per dimensioni e tempo, si ricorderà che in un brevissimo momento della sua storia infinita un ragazzo di nome xxxxxxx ha conosciuto una ragazza di nome yyyyy e insieme hanno camminato, a volte vicini tanti da sentire l'altrui respiro, a volta lontani tanto da non immaginarsi neanche, ma sempre fianco a fianco, volendosi un bene dell'anima e rispettandosi come due anime fraterne, speciali, al di sopra di tutto e di tutti, di ogni luogo e di ogni tempo, più belli e più forti di loro stessi.
Tutto questo, di loro, rimarrà per sempre. Incancellabile.

La fiamma sul cappello

La tuta rossonera
La fiamma sul cappello
Esegui solo gli ordini
Non usi mai il cervello
Perché perché perché
Tu sei carabiniere
Tua madre è la troia del quartiere

9.22.2009

Ogni favola è un gioco



Ogni favola è un gioco
che si fa con il tempo
ed è vera soltanto a metà
la puoi vivere tutta
in un solo momento
è una favola è non è realtà.

Ogni favola è un gioco
che finisce se senti
tutti vissero felici e contenti
forse esiste da sempre
non importa l'età
perché è vera soltanto a metà!...

Ogni favola è un gioco
è una storia inventata
ed è vera soltanto a metà
e fa il giro del mondo
e chissà dove è nata
è una favola, e non è realtà.

Ogni favola è un gioco
se ti fermi a giocare
dopo un po' lasciala andare
non la puoi ritrovare
in nessuna città
perché è vera soltanto a metà!...
Universi sconosciuti,
anni luce da esplorare,
astronavi della mente,
verso altre verità!

Ogni favola è un gioco
che si fa con il tempo
ed è vera soltanto a metà
la puoi vivere tutta
in un solo momento
è una favola e non è realtà!

Ogni favola è un gioco
se ti fermi a giocare
dopo un po' lasciala andare
non la puoi ritrovare
in nessuna città
perché è vera soltanto a metà!...

Logica illogica

Quando meno abbiamo da qualcuno, più gli doniamo. Sembra assurdo ma questa è la dura logica dell'amore.
Madre Teresa di Calcutta

Allo sfascio....

Al giorno d'oggi i giovani non hanno più ideali. Ideali? Giovani? Ma giovani quali? Io sono ancora considerato tale? La nostra generazione è la prima che ha ceduto. Avete tutti i beni di lusso, non siete più abituati a fare fatica. Avete chi? Manchiamo di idee, di spirito di iniziativa. E forse anche di voglia di realizzarle. Un po' avete i capelli lunghi, incolti, la barba, quel ridicolo pizzetto e quei codini che scimmiottano gli attori dei film. Un po' siete rasati, nazisti, estremisti. Ai nostri tempi. Ai vostri tempi. Ai miei tempi. Non avete fame, voglia di soffrire. La pappa pronta. Ma non abbiamo neanche i vostri maestri, siamo tutti nati stanchi. Mitizziamo i personaggi piu stupidi e inutili, li mettiamo sulle magliette, sui diari, nei libri, esaltiamo i personaggi della televisione, quelli che fanno i soldi facili e sono sempre attorniati dalle veline. I ragazzi devono essere tutti pompati, muscolosi, con le scarpe firmate e l'iphone nella mano. Le ragazze hanno le corte cortissime, ci vuole almeno un metro di gamba nuda e un pezzo di sedere che si intravede. Le macchine devono essere sempre più veloci, sempre piu basse, sempre piu sportive. Le nostre verità non le sa nessuno, non le capisce nessuno o forse non le si vuole capire perchè infastidiscono. Studiare il problema costa fatica, copiare la soluzione è sempre la via d'uscita. Si va in giro a zonzo senza meta, solo perdendo tempo e spendendo dei soldi che spesso non sono i nostri. Si curano i vizi, le cattive abitudini, i divertimenti. La nostra voglia di studiare, di lavorare, di faticare è prossima allo zero, ma le nostre scuse sono in costante aumento. Per causa nostro il mondo va allo sfascio, ce lo avevano detto già anni fa ma non siamo stati attenti agli avvertimenti. Ma è ora di muoversi a cambiare prima che sia troppo tardi, e forse per noi è gia troppo tardi, perchè non ci sarà sempre chi ci pare il culo e ci dice cosa fare e dove andare, un giorno saremo soli la fuori e sarà più dura per tutti e allora, ne siamo certi, saremo anche noi pronti a inculare i nostri compagni e i nostri amici pur di realizzare quella cazzo di unica idea che ci verrà in mente per andare avanti.

8.22.2009

Un'idea

Ci vuole sempre un'idea, un filo conduttore, un qualcosa che ti prende in un punto e ti porta verso un qualcosa che sia più o meno definito ma che sia, comunque un obiettivo o anche solo una tappa intermedia. Un'idea da sviluppare, da seguire, da migliorare. Un metodo, una strategia. Fate voi. C'è chi è bravo ad averla o a progettarla in partenza, c'è chi se la costruisce, poco alla volta ed è anche bravo a modificarla in corsa, c'è chi segue pensieri alla cazzo e c'è anche quello che bluffa, va avanti senza sapere dove andare e cosa fare, ma finge di seguire comunque una rotta. Un insieme di storie da raccontare o di storie vissute, di esperienze ed esperimenti, di ricordi o immaginazioni. Ci sono i viaggi, le luci, i suoni e i colori di un posto tanto normale da essere troppo banale a un posto nuovo, o sconosciuto, o immaginario. Prendere, girare, partire, suonare, cantare, correre. Racchiudere tutto in una personalità e in un modo di fare. Dedicare qualcosa a qualcuno, a te stesso, alla tua anima gemella o al primo che passa per la strada. Dedicare un gesto, un risultato, un'azione. Condizionare, pensare, riflettere, lasciar perdere. Sognare, pensare, desiderare una persona che non esiste, o invece che esiste ma che a sua volta sogna, desidera e pensa una persona che non sei tu. Guardare un particolare preciso di un quadro ed essere visto come una parte inutile di un paesaggio immenso dove niente si nota più di altre cose. Dare un senso a uno scritto, a una giornata. Andare in giro a realizzare l'idea iniziale, oppure cambiarla e cercarne un'altra, oppure per un giorno lasciar perdere tutto e andare in giro senza meta, senza tempo, senza uno scopo. Senza qualcosa fisso nella mia testa.

4.20.2009

Forrest Gump

« Mi chiamo Forrest, Forrest Gump»
« Stupido è chi lo stupido fa»
« La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita»
« Se glielo dico non ci crede ma… io corro come il vento che soffia»
La prima volta che ho visto il film al cinema avevo quindici anni e Forrest Gump mi ha sconvolto. Forrest Gump è semplicemente un capolavoro.
Non è altro che la semplice storia dell'intensa vita di un uomo con il quoziente intellettivo sotto la media. Il film si sviluppa durante 30 importanti e indimenticabili anni di storia americana e serve anche a ripercorrere e ad acculturarsi su quanto è accaduto in quei decenni, visto che la nostra scuola ritiene superfluo parlare anche solo dei fatti principali della storia a stelle e striscie, e poco importa se sulla base di quegli anni si è sviluppata la civiltà che oggi governa il mondo moderno: Forrest nel film parla allo spettatore, attraverso casuali interlocutori, e comincia il commovente racconto della sua vita a partire dalla metà degli anni '50, quando lui è bambino, mentre alla fine del film siamo all'inizio degli anni '80. Durante questi anni Forrest conoscerà miti come Elvis Presley, John F. Kennedy, John Lennon, George Wallace e Richard Nixon, stabilirà un nuovo clima di pace tra Stati Uniti e Cina, diventerà una stella del football e parlerà del Vietnam ad un raduno hippy, senza però rendersi realmente conto di quanto questo sia incredibile.
Il film ha avuto un impatto straordinario anche nella nostra vita quotidiana: frasi come «Stupido è chi lo stupido fa» sono tuttora usate, catene di "Bubba Gump" hanno realmente invaso gli Stati Uniti e chiunque si ricorda ancora la storia del tenente Dan.
La vita di Forrest è tanto semplice quanto movimentata. Un ragazzo ingenuo e un po' tonto, diverso da tutto il mondo che lo circonda. Persino sua madre, che lo incita a non farsi scavalcare da nessuno, lo costringe a mettere un apparecchio alle gambe che si rivelerà provvidenziale per fargli scoprire le sue straordinarie doti atletiche. Forrest non viene ammesso alla scuola pubblica a causa del suo Quoziente Intellettivo insufficiente ma la madre, concedendosi al preside, ottiene di farlo comunque ammettere. Il primo giorno di scuola incontra sull'autobus Jenny, un incontro che segnerà per sempre la sua vita. Jenny, per Forrest, sarà sempre e solo l'unica cosa che conta al mondo.
Il rapporto d'amicizia che si instaura tra i due bambini è da subito profondissimo, con Jenny protettiva ma a causa di violenze familiari precocemente disincantata nei confronti della vita e ben presto senza sogni e speranze. Grazie alla sua abilità nel correre e quindi nel football, Forrest ottiene di essere ammesso al college con una borsa di studio. Qui le vite di Forrest e Jenny cominciano a prendere pieghe diverse con Jenny ragazza carina e popolare, mentre Forrest resta il solito stupido quale era stato considerato fino ad allora. I due però continuano a volersi molto bene e ad aiutarsi e sostenersi a vicenda. Si incontreranno in diverse fasi della loro esistenza e in diversi momenti cruciali della storia degli U.S.A. dagli anni '50 in poi. Dopo essersi laureato Forrest si arruola nell'esercito e diventa intimo amico di Bubba, un soldato nero che sognava di gestire un'impresa di pesca di gamberi. Piano piano Bubba convincerà Forrest a promettergli di diventare suo socio, una volta finita la guerra. Forrest e Bubba vengono mandati in Vietnam, dove conoscono il Tenente Dan, comandante del loro plotone. In un attacco a sorpresa, molti soldati di quel plotone vengono uccisi mentre Forrest, invece di scappare, si espone al pericolo e torna indietro a salvare quanti più compagni può. Bubba è stato ferito a morte. Forrest salverà anche il tenente, che però perderà l'uso di entrambe le gambe, che gli verranno amputate. Il tenente accusa Forrest di aver cambiato il suo destino salvandolo, e lo ringrazierà solo molto più tardi.
Nell'esercito Forrest impara a giocare a ping-pong, e, diventato bravissimo, viene mandato in Cina come esponente della squadra dell'esercito. Questi incontri placano il clima della Guerra fredda che gravava sulle nazioni. Forrest viene congedato con la medaglia d'onore. Mentre è a Washington per il conferimento, ritrova Jenny ad un convegno pacifista in cui è stato trascinato. Jenny fino ad allora aveva condotto la vita dissoluta degli hippies. Forrest questo non lo sa, perché non è in grado di capirlo: lui continua a pensare che Jenny sia ancora la bambina che gli era sempre piaciuta tanto. Jenny però se ne andrà di nuovo insieme ai suoi amici. Forrest le lascia la medaglia d'onore in ricordo. A New York incontra di nuovo il Tenente Dan, e scopre che anche lui è decaduto nei fumi dell'alcool e della prostituzione. Anche Jenny però è a New York, e vediamo che si è data alla prostituzione, alla droga e al furto. Forrest questo non lo verrà mai a sapere.
Con 25.000 dollari ottenuti da una campagna pubblicitaria, Forrest si impegna a mantenere la promessa fatta a Bubba. Compra una scalcinata barca per gamberi, sotto gli sguardi increduli di tutti, e si imbarca. All'inizio non ottiene alcun risultato, ma, con l'aiuto del Tenente Dan, comparso un giorno al molo di Forrest, e di un temporale, i gamberi cominciano a venire. Con questa impresa Forrest diventerà miliardario, anche se ad un certo punto decise di dare la parte di Bubba (il 50%) alla sua famiglia, suscitando l'incredulità del tenente, ora anche lui socio di Forrest.
Un giorno, le condizioni di salute della madre di Forrest peggiorano improvvisamente, e la madre muore. Forrest si sentirà profondamente scosso, soprattutto perché la madre era stata l'unico genitore e l'unica guida che avesse avuto. Più volte lo sentiamo cominciare i discorsi con «Mia madre diceva sempre…».
Un giorno Jenny si presenta a casa Gump, dove Forrest vive solo con i suoi pensieri (soprattutto rivolti a lei). Dopo che Jenny passa qualche giorno a casa sua, Forrest le chiede di sposarlo. Lei rifiuta, considerandosi una minaccia per un uomo per bene come lui, ma si sente obbligata a dimostrargli il suo amore andando a letto con lui. Jenny però la mattina dopo sparisce molto presto, riconsegnando a Forrest la sua medaglia d'onore.
Dopo questa esperienza Forrest trascorre molti giorni tristi e pensierosi, ma poi, misteriosamente, si alza e comincia a correre. Corre fino alla fine della strada, della città, dell'Alabama. Corre fino all'oceano Pacifico e poi a quello Atlantico. E così via per tre anni, ininterrottamente. Diviene ancora più famoso di quanto non sia già, e il regista ce lo raffigura simpaticamente come ispiratore di slogan e simboli internazionali. La gente lo prende come un uomo saggio, anche se lui ammette più volte di non sapere per quale motivo corre.
Un giorno però torna a casa, e subito gli arriva una lettera di Jenny, che lo invita a casa sua. È proprio per questo motivo che Forrest è seduto sulla panchina che vediamo in tutto il film: aspetta l'autobus che lo porterà a casa di Jenny.
Forrest qui scopre la presenza di un bambino, e si congratula con Jenny per essere diventata madre. Al che Jenny gli rivela che il bambino si chiama Forrest, come suo padre. Forrest, inizialmente non capisce, ma poi si rende conto di essere lui il padre del bambino. Appare spaventato, e capiamo che la sua maggior paura è che il figlio sia nato idiota come lui. Jenny lo rassicura dicendogli che è uno dei più intelligenti della classe. A questo punto, è Jenny a chiedere a Forrest di sposarla. Forrest naturalmente accetta subito, e organizza il matrimonio, al quale si presenterà anche il Tenente Dan.
Il futuro non è felice, però: Jenny rivela a Forrest di essere affetta da un grave virus che i medici non conoscono (probabilmente l'HIV, anche se non viene menzionato, ma questo punto della storia è ambientato agli inizi degli anni '80).
Anche Jenny muore. Forrest parla alla sua tomba, le racconta di quanto è orgoglioso del figlio, che è molto intelligente, che sta facendo di tutto per essere un bravo padre. Solo in questa occasione vediamo Forrest piangere. Il film finisce teneramente: Forrest accompagna il figlio a prendere l'autobus, che è lo stesso che prendeva lui stesso, ed è persino guidato dalla stessa donna (che ai tempi del Forrest grande era solo una ragazza). Una piuma bianca si alza verso il cielo, la stessa che lui ha raccolto a quella fermata dell'autobus.
Forrest Gump esplora un vastissimo insieme dei temi fondamentali della vita. Primo fra tutti l'amore. Forrest stesso dice: «Non sono un uomo intelligente, ma so l'amore che significa». Jenny invece non era d'accordo: ma in realtà è lei a non aver mai provato l'amore, se non da bambina e proprio per Forrest, come ci lasciano intendere alcune scene iniziali. Forrest non si rende conto, però, che l'amica ha paura di stargli accanto: teme di poter contaminare la sua intatta purezza. Forrest, dal canto suo, ha sempre amato Jenny: è lui a rivelarcelo, anche se indirettamente, dicendo parecchie volte che nei momenti in cui le era lontano pensava sempre a lei.Il tema che però fa da sfondo all'intero film è la scarsa intelligenza di Forrest. Questo fatto viene addirittura esplicitato all'inizio del film, cosicché non sorgano dubbi. Forrest è indubbiamente più stupido degli altri. Eppure conduce una vita migliore di quella degli altri, suoi amici inclusi. Forrest diventa campione di football, si laurea, si arruola, combatte in Vietnam, riceve la medaglia d'onore, conosce presidenti, diventa miliardario, ma soprattutto nella sua vita non fa mai niente di male. Solo qualcosa di inappropriato, ogni tanto. Il messaggio finale ci dice che non importa essere intelligenti, basta agire nel bene. Si ha anche l'impressione che Forrest in realtà sappia esattamente ciò che succede intorno a lui, ma che il suo cervello lo registri come superfluo; vediamo, nel corso del film, che per lui contano solo due cose: Jenny, e mantenere le promesse.
Il film costò circa 55 milioni di dollari, e si ricorda che per recitare in questo film Tom Hanks ricevette un compenso di circa 8 milioni di dollari, una cifra molto alta all'epoca, considerando che Hanks, al tempo in cui il film fu girato, non era un attore famosissimo. Infatti il film Philadelphia del 1993, per il quale fu premiato con l'Oscar era stato girato dopo Forrest Gump. Alla fine però la post-produzione di quest'ultimo richiese più tempo del previsto e Philadelphia uscì per primo.
Forrest Gump è un film triste. Molto triste. Ma alla fine Forrest Gump ha vinto. Alla grande. E' riuscito a realizzare lo scopo della sua vita. Ha reso il suo amore per Jenny eterno. Oltre la loro vita, oltre il loro tempo. Ha sempre messo lei davanti ha tutto, l'ha resa più importante della sua stessa vita e di tutto il resto del mondo. L'ha amata, sognata, desiderata, meritata ogni giorno e ogni respiro della sua esistenza. E alla fine, dopo la fine della sua vita, ha lasciato al mondo il risultato del suo amore. Loro figlio. E lui e tutti i suoi figli e i suoi nipoti e le successive generazioni saranno sempre nate dall'incredibile amore di Forrest per Jenny.
Onore a te, Forrest Gump.

4.01.2009

Your life

"MEASURE YOUR LIFE BY LOSS AND NOT BY GAIN. NOT BY WINE DRUNK, BUT BY THE WINE POURED FORTH. FOR LOVE'S STRENGTH IS FOUND IN LOVE'S SACRIFICE. AND HE WHO SUFFERES MOST, HAS MOST TO GIVE."

Veloce ritorno

A Manchester 6 anni dopo, guardando dall'alto quella porta in cui abbiamo sbagliato tutti i rigori, sopra quei gradini dove non ho guardato Sheva tirare perchè ero giù per le scale a piangere come se avessi 10 anni.
Un passaggio, una trasformazione.
Una scaletta pazzesca, che addolcisce ricordi e prepara l'attesa.
Siamo distanti chilometri e anni luce, arrivati fin qui per scoprire che il playmaking è morto e il tiro in uscita dai blocchi quasi. Guardiamo al corpo, al balzo, è quel che ci resta da grattare per costruire qualcosa di buono.
Una regressione, anche un po' una delusione.
9 ore filate di pallacanestro, qualche idea e un hawaiano che ritorna e scrive aloha da Honolulu.
Dubbi che verranno spazzati, da Treviso ai ricordi delle spiaggie rosetane.
Outlet saccheggiati col dollaro a picco, ricche spese e jeans nuovi, Shuttlesworth dato per morto che si rialza e butta il canestro decisivo. Kobe pazzesco davanti a 5 Beck's ghiacciate, alla faccia dell'illusionista e oggi tutti a ricordare la madre di tutte le finali contro i Celtics.
Prima macchina della polizia vista a Washington, silenzio in aereo, Larry Bird in tv che non si cambia mai, Summer Leagues pianificate.
Qualcuno chiede pazienza, abbiamo bermuda di classe e Sua Maestà seduto quattro posti più a destra. Roba da non credere.
Sono finiti i libri da leggere, ma si studia sulle guide e sui filmati, dettagli quando sai che, arrivati fin qui, i valori da buttare sul tavolo sono altri oltre a quelli assoluti.
E ci vuole attenzione. E ci vuole pazienza.

1.18.2009

Pensieri sparsi...

Penso che ho le palle piene di questo freddo e se proprio deve nevicare almeno vorrei essere in montagna a sciare, non in ufficio o in mezzo alla nebbia lombarda. Penso che nella vita il posto in cui nasci ti fa già capire se ce l'hai dura o se puoi cavartela in qualche modo, e tutto sommato poteva andarmi meglio ma anche molto molto molto peggio e quindi va bene cosi. Penso che il football americano sia un grande sport. Penso anche che nella vita ti capita di incontrare una o due persone che saranno sempre al di sopra di tutti i legami, anche di quelli fisici, sentimentali e di amicizia. Penso che scegliere le persone sia un'arte, e che fidarsi di qualcuno è sempre più difficile. Penso che la scelta del leader da parte di un gruppo fa la fortuna o la sfortuna del gruppo stesso. Penso che vorrei sapere quanti litri di alcool ho bevuto nella mia vita. Penso che Phil jackson sia giustamente considerato il miglior allenatore della storia del basket, ma penso anche che allenare Chicago con in quintetto Jordan, Pippen, Rodman e Harper e poi Los Angeles con Bryant, O'Neill, Fisher e Horry un pochino ti aiuta. Penso che a Barcellona nel '97 sia stata una grande gita scolastica e che in fondo andare a scuola non era poi tanto male. Penso che la mia più grande debolezza sia la paura del futuro, e della morte. Penso che domani vorrei stare sotto il piumone tutto il giorno e magari col telefono spento. Penso che le fidanzate perfette non esistano, e anche quelle quasi perfette siano molto rare. Penso che Vasco Rossi avrebbe dovuto smettere dopo "Rock sotto l'assedio" nel 1995 e allora si che sarebbe un mito e non una macchina per fare soldi. Penso che far coincidere il tuo lavoro con la tua passione sia un grande risultato. Penso che potersi permettere un fenomeno come Toni Kukoc come sesto uomo è un lusso che non ricapiterà mai più a nessuna squadra del mondo. Penso che almeno la metà delle ragazze con cui sono uscito nella mia vita, a ripensarci ora, non valgono mezzo sacrificio. Penso che ogni tanto mi viene voglia di mandare tutti affanculo e andarmene, e con il passare del tempo questo "ogni tanto" sta diventando "spesso". Penso che mio nipotino rimarrà un nano, ma lo trasformeremo in un grande playmaker. Penso che alcuni film come "Forrest gump", "The blues brothers", "Full Metal Jacket" sono dei capolavori irripetibili. Penso che alcune pallavoliste sono delle grandi fighe, ma che alcune giocatrici di basket difendono la categoria più che dignitosamente. Penso che in questo periodo sono completamnte fuori forma. Penso che il numero dieci in bianconero ho visto Platini, Baggio e Del Piero. Direi che finora a quella maglia non è andata male, a parte gli anni di Magrin e Zavarov. Penso che certe volte vengo preso da un irrefrenabile desiderio di scrivere. Penso che Tutti hanno qualche rimpianto nella vita, e io ne ho due che proprio non riescono a lasciarmi in pace. Penso che in Islanda vorrei tornarci, ma anche a Washington e a Boston. Penso che "Ho imparato a sognare" dei Negrita abbia qualcosa di magico. Penso che quando alle medie ho pisciato nella borraccia di un mio compagno ho esagerato, ma che alle mie figurine tenevo come a un figlio. Penso che le domeniche nei locali di Milano comincino a essere un po' monotone, o forse sono io che divento vecchio. Penso che Chicco Ravaglia, Andrea Fortunato e Gabriele Piazzolla siano partiti cosi presto perchè più cari agli dei. Penso che la follia mi affascina. Penso che sia banale da dire, ma a 30 anni cominci a vedere tante cose in modo diverso. Penso di essere un ragazzo fortunato.