8.20.2008

Un viaggio a stelle e strisce

Un viaggio non è sempre un semplice viaggio. Un viaggio a volte lo hai sognato e aspettato così tanto da diventare quasi un desiderio irrefrenabile. Ebbene, finalmente sono riuscito a volare per la prima volta negli Stati Uniti. Forse non me ne ero ancora reso bene conto prima di partire. L’estate è stata problematica e movimentata ma per fortuna è passata veloce, e nei mesi prima era anora una cosa così lontana da non prestarci troppa attenzione. Invece, in un amen, ecco la sera prima della partenza con la borsa ancora da fare, le cose da raccattare o da comprare in fretta e furia all’ultimo secondo e purtroppo tanto lavoro da mettersi in valigia. Proprio in valigia ci metto un’altra borsa vuota, immagino che la caricherò di troiate. E in effetti sarà cosi… I giorni prima di partire, oltre che caldi, stanchi e pesanti, sono anche allarmanti perché una delle mie compagne di viaggio ha la febbre e non sembra proprio nelle condizioni ideali per partire, ma tant’è. Il volo per Londra passa velocissimo e il tempo di fare il check in per New York e mangiare un tramezzino sotto vuoto non esattamente eccezionale ed è subito l’ora di reimbarcarsi su un aereo Virgin per una notte di volo. Ho volato in molti posti nella mia vita e con tante compagnie, dalle low cost alle compagnie di bandiera, dai charter agli aerei di linea… ma un aereo cosi non l’ho mai visto… all’ingresso si può andare verso sinistra, in prima classe, o verso il centro dell’aereo. La prima classe è costituita da dei “loculi” per ogni viaggiatore dove è possibile sdraiarsi completamente, con seggiapiedi, tv di bordo, leggio e altre diavolerie che non ricordo, e mentre passiamo a tutti i viaggiatori viene offerto un coktail di benvenuto e qualche rivista. Ovviamente noi siamo diretti in classe turistica e dopo un passaggio nella classe intermedia, comunque notevole per i miei standard, arriviamo nella parte grossa dell’aereo. Le file sono da 8 persone. Incredibile, come nei film, pensavo non esistessero in realtà aerei cosi grossi… Il sorteggio dei posti è piuttosto beffardo e non ho corridioi vicini. Lo spazio vitale è piuttosto stretto per hi è alto quasi due metri e mi rassegno a un viaggio non troppo comodo, ma l’entusiasmo dell’arrivo negli States fa sopportare tutto. Il volo scorre tra una cena a bordo, diciamo rivedibile, qualche gioco virtuale contro gli altri passeggeri e la visione di un film. Qualche passeggiata per sgranchirsi le gambe in corridoio, qualche minuto di relax quasi sonno. Prima di atterrare bisogna compilare dei moduli per il governo degli Stati Uniti. Uno è piuttosto normale, con i miei dati anagrafici, lo scopo del mio viaggio, un indirizzo di riferimento sul territorio americano in cui la polizia possa rintracciarmi (!) e, se sono un turista, le città che visiterò. Nel secondo modulo, decisamente più pittoresco, devo dichiarare di non aver mai ucciso nessuno, di non portare armi e droga negli Stati Uniti, di non aver mai avuto condanne penali, di non appartenere a gruppi terroristici e di non avere malattie infettive. L’arrivo è puntuale, alle 5 del mattino ora italiana, le 23 di New York. In sostanza, la giornata è stata di quasi 30 ore e infatti siamo piuttosto distrutti. Il recupero dei bagagli è incredibilmente veloce, le formalità doganali meno. Mi vengono prese le impronte digitali di entrambe le mani, scattata una foto e fatta una piccola intervista sul mio soggiorno. Quello che già mi colpisce in aeroporto è la quantità di bandiere degli Stati Uniti. Ce ne sono ovunque, sulle pareti, sul soffitto, su tutti i box doganali. E’ il primo segno di un nazionalismo incredibile che già conoscevo ma non pensavo potesse arrivare a questi livelli. Gli americani sono attaccati follemente alla loro bandiera e a quello che rappresenta, non è solo un simbolo di appartenenza, è un qualcosa da difendere, da custodire gelosamente e da ammirare. Passata finalmente la dogana incontriamo subito una piccola statua della Libertà che ci ricorda dove siamo arrivati e finalmente usciamo nell’aeroporto di Newark, New Jersey. Non c’è molta gente, ormai è quasi mezzanotte, aspettiamo un po’ i due trenini per andare al terminal 2, dove c’è il noleggio auto e la nostra auto prenotata con AVIS. Fatte tutte le pratiche, non so come visto che non riuscivo più quasi a tenere gli occhi aperti, figurarsi a ragionare e dialogare in inglese, riceviamo finalmente il navigatore (in italiano) e le chiavi del mezzo. Andiamo nel posteggio e carichiamo i bagagli sulla Chevrolet Trailblazer che sarà nostra per una decina di giorni. Non sono abituato al cambio automatico ma ci si fa la mano in fretta. Si parte e la nostra prima destinazione, è quasi l’una di notte, le sette in Italia, è un hotel pochi chilometri fuori Philadelphia, dove riposeremo qualche ora prima di buttarci nell’avventura a stelle e strisce.