12.06.2007

Dov'è.... fin là.... dov'è.... questa felicità....

Credi che sia facile
Credi che sia semplice
Vai a farti fottere
Credi che sia
Una storia semplice
Cielo senza nuvole
Un amore utile
Sempre alla ricerca DOV'E'??
Uhò dov'è? Fin là!!
Dov'è?...uh! dov'è...
Questa felicità!
DOV'E'???

Ora che sono Ora che sono qui
Nel supermarket di questo stupido
stupido hotel
E tu non sei qui con me
Tutto mi sembra inutile
Tutto mi sembra com'è...
telefonarti o uccidere
Che differenza c'è...


Vedo mia mamma comprare un sacco di puttanate per il mio nipotino. E queste puttanate, per il loro reale valore, sono costosissime. E poi la sento lamentarsi che la spesa è sempre più cara, che le bollette crescono, che il lavoro gira male. Ma continua a sprecare soldi per palle e palline di tutte le dimensioni, cianfrusaglie che suonano e che dopo due giorni non vengono più guardate dal bambino, costruzioni di legno e altre diavolerie che gli danno felicità per pochi secondi. Eccola, la parola chiave. Felicità. Mi viene in mente quando ero bambino io, quanti capricci, quanti giochi o accessori a gadget più o meno utili che ho fatto comprare. Quanti capricci. E con quelli credevo di essere felice, magari lo ero davvero anche, per pochi secondi. E poi ne volevo subito un altro, qualcosa di più nuovo, di più bello. Ed ero capace a rompere i coglioni e a piagnucolare per un sacco di tempo. E se e quando lo ottenevo, che fosse per Natale o per un premio spesso immeritato, non mostravo neanche troppa riconoscenza e gratitudine. Oggi mi odio un po' per il mio comportamento e per tutti gli sprechi, economici materiali e affettivi, della mia vita. E per tutte le volte che combinavo casini, che prendevo note a scuola, che costringevo i miei a infinite riunioni e colloqui per il mio comportamento e la mia condotta, per i brutti voti nascosti, per i litigi, i musi in casa, i danni. E ancora oggi per il mio carattere chiuso, la mia mancanza di soddisfazione e gratitudine per chi ha fatto per me. E il mio non essere capace di dimostrare loro affetto. Poi ci penso su. Cazzo, è proprio una delle cose che mi fanno stare male. Quando mi aspetto riconscenza e affetto e gratitudine e certi miei gesti vengono pressochè ignorati, e mentalmente covo una rabbia tramenda verso chi mi tratta così in cambio di tutto il mio impegno, i miei sacrifici e, non per essere banale, il mio portafoglio. E ora guardo il mio nipotino che neanche mi guarda mentre gioca, e che neanche si ricorda di tutti quei giocattolini e palline che lo circondano, e vorrei fargli guadagnare degli anni, fargli capire che cosa è giusto chiedere, che cosa è giusto avere, e quanto sia stupido far buttare via i soldi per inutili capricci. Vorrei spiegarglielo, vorrei "educarlo". Poi ci mi metto a riflettere ancora. Ma io non faccio sempre la stessa cosa di mia mamma? Non ho appena deciso di farlo ancora? Nonostante un'altra incazzatura... Eh si cazzo, una grossa rinuncia personale, dei soldi forse buttati per me ma che hanno reso felice, seppur per un attimo, qualcuno. E per me, come per mia mamma con il mio nipotino, la verità è che la vera gioia non si trova nelle cose materiali, ma nel far felice la persona che desideriamo far felice. E non c'è niente di paragonabile. Siamo acciecati.
Ora, finalmente, lo so.
Avrei voluto essere un bravo figlio, un bravo studente, un bravo fidanzato.
O almeno, uno dei tre.