4.01.2009

Veloce ritorno

A Manchester 6 anni dopo, guardando dall'alto quella porta in cui abbiamo sbagliato tutti i rigori, sopra quei gradini dove non ho guardato Sheva tirare perchè ero giù per le scale a piangere come se avessi 10 anni.
Un passaggio, una trasformazione.
Una scaletta pazzesca, che addolcisce ricordi e prepara l'attesa.
Siamo distanti chilometri e anni luce, arrivati fin qui per scoprire che il playmaking è morto e il tiro in uscita dai blocchi quasi. Guardiamo al corpo, al balzo, è quel che ci resta da grattare per costruire qualcosa di buono.
Una regressione, anche un po' una delusione.
9 ore filate di pallacanestro, qualche idea e un hawaiano che ritorna e scrive aloha da Honolulu.
Dubbi che verranno spazzati, da Treviso ai ricordi delle spiaggie rosetane.
Outlet saccheggiati col dollaro a picco, ricche spese e jeans nuovi, Shuttlesworth dato per morto che si rialza e butta il canestro decisivo. Kobe pazzesco davanti a 5 Beck's ghiacciate, alla faccia dell'illusionista e oggi tutti a ricordare la madre di tutte le finali contro i Celtics.
Prima macchina della polizia vista a Washington, silenzio in aereo, Larry Bird in tv che non si cambia mai, Summer Leagues pianificate.
Qualcuno chiede pazienza, abbiamo bermuda di classe e Sua Maestà seduto quattro posti più a destra. Roba da non credere.
Sono finiti i libri da leggere, ma si studia sulle guide e sui filmati, dettagli quando sai che, arrivati fin qui, i valori da buttare sul tavolo sono altri oltre a quelli assoluti.
E ci vuole attenzione. E ci vuole pazienza.