11.26.2007

Non sono

"Lei dovrebbe essere qui con te, adesso." sussurrava una voce, che spesso tormenta in momenti come quello, o quando si è particolarmenete stanchi o soli, o quando si dovrebbe essere felici per un successo. O, semplicemente, quando si ha qualcosa da dire a qualcuno. Nel buio della notte mi sentì trascinare indietro, verso il passato.
Una sera, una calda e sorridente sera di primavera, l'avevo portato nel ristorante dove voleva lei, e al momento del dessert le avevo dato un pacchettino tanto inaspettato quando gradito. Lei era sinceramente contenta, e anche un po' emozionata, e aveva sfoderato il suo sorriso della miglior specie. Io ero felice di averla fatta felice, e questo mi rendeva felice come non lo ero da molto tempo. Pieni di entusiasmo vivevamo ogni giorno con la leggerezza di quegli anni lasciando fuori dalla porta tutti i problemi piccoli e grandi che ci accompagnavano. In quel periodo, avevo anche trovato la forza per dedicarmi lavorativamente parlando solo a quello che mi piace. Lo stipendio era modesto, ma pur sempre un inizio. Questo e altre ragioni logistiche a volte ci tenevano lontano per 3 o 4 giorni di seguito, ma quando ci ritrovavamo passavamo assieme momenti emozionanti.
Un giorno l'avevo portata nel posto dove avevamo imparato a confidarci speranze e sogni. Eravamo belli, eravamo raggianti, eravamo i padroni del mondo. Qualche mese dopo, cercando di sistemare un po' di cose della sua vita privata, era entrata in uno stato confusionale piuttosto profondo. Io l'avevo ignorato per qualche settimana, finchè non era diventato insopportabile per lei. E allora era troppo tardi. In un istante, senza capirlo bene proprio in quell'istante, la vita meravigliosa che mi si prospettava era diventata una sofferenza atroce. "E' arrivato il momento, mi dispiace" disse lei in modo neanche tanto morbido. Non potevo sopportarlo in quel momento e lei lo sapeva, anche se non poteva fare niente e poco le importava. "Promettimi che troverai presto la persona giusta per te". Non lo avrei fatto, ed ero straconvinto del mio pensiero. "Dovrai imparare a farlo" aggiunse lei. Era uno straziante venerdi mattina. Mi ero sentito come una nave strappata agli ormeggi, alla deriva su un mare in tempesta e con la bussola fuori uso. Per settimane e per mesi avevo girato a vuoto. Gli amici cercavano di aiutarmi, quei pochi che sapevano, ma l'orgoglio mi aveva reso intollerabile la loro compassione. Devi scegliere, mi ero detto infine, "o lavori o non ti ritrovi più". Così quell'anno andò bene e almeno il lavoro iniziò a girare meglio, ma anche un po' a stufarmi perchè era diventata un'ossessione, che mi ha portato via tante altre cose. Ma neanche l'unica medicina disponibile, il tempo, mi aveva aiutato. Perchè quel senso di vuoto e incompiuto era impossibile da riempire, e forse lo sarà per tutta la mia vita. Malgrado qualche possibilità e qualche tentativo, avere di fianco un'altra persona all'altezza si è rivelato sempre una delusione reciproca, o dei tentativi rifiutati ancor prima di iniziare. Così alla fine avevo rinunciato, attribuendo anche ai frequenti viaggi di lavoro la mancanza di una vita sociale. Gli amici più intimi conoscevano la verità. Non sono pronto. Alcuni supponevano anche di peggio. Senza di lei, non lo sarà mai.