6.15.2008

Due grandi playmaker!

Se non credete alle favole, fermatevi qui. Ma sarebbe un peccato, vi perdereste una delle storie dell'anno. E' la storia di una squadra che per tanti motivi mi è sempre stata un po' sul cazzo, da quando l'ho conosciuta. E' la storia del Geas Sesto San Giovanni, società che negli anni settanta-ottanta dominava la scena della pallacanestro femminile italiana ed europea, vincendo a ripetizione scudetti e perfino la Coppa dei Campioni. Dopo quegli anni di grandi lustri sono venuti gli anni bui, la squadra non è mai sparita ma ha dovuto ripartire dalla serie B ed è rimasta famosa solo per il continuo sfornare giocatrici per la Serie A. Questa squadra, quest'anno, se possibile, mi è stata sul cazzo ancora più degli anni prima. Oltre ai soliti motivi se ne sono aggiunti in corsa altri. Ma stava facendo un bel campionato, prima di cadere nel dramma. A inizio maggio è scomparso il presidente, uomo tuttofare, proprietario, anima e corpo della società. Tutti si sono stretti intorno al Geas, per attutire il duro colpo e temendone una nuova sparizione. A fine maggio il Geas Sesto San Giovanni è neo promosso in serie A1 dopo quindici anni. La regista della squadra che ha restituito la massima serie al primo club italiano campione d'Europa (nel 1978) è la ventenne Giulia Arturi, figlia di Rosi Bozzolo, il playmaker che trentanni prima ha vinto proprio quella coppa. Giulia è una figlia d'arte, ha solo 20 anni. Ha ripreso fiducia dopo un infortunio tremendo al ginocchio. Lei ha dato tutto. E' stata la giocatrice dal minutaggio più alto in tutta la serie A2; in una partita ha ottenuto un record: 55 minuti di fila, 40 più 3 supplementari, è regina degli assist, tira bene da 3, legge il gioco e non molla mai. E ha vissuto bene il peso di una famiglia importante: suo padre, Franco, è vicedirettore della Gazzetta dello Sport, sua mamma, Rosy, è stata forse la playmaker più grande del nostro basket: stella del Geas e bronzo a Cagliari nel '74 con la Nazionale. In finale la guardava in tribuna e alla fine l'ha abbracciata. Trenta anni dopo quella Coppa dei Campioni, sua figlia ha ottenuto la A1 da protagonista.

"E' stata un'emozione forte vedere Giulia, seguirla. Ho sempre cercato di restare più defilata possibile. E le dicevo: "Guardiamoci in faccia noi due, senza ascoltare domande su paragoni stupidi. Vivi la tua vita". Per fortuna ci sta riuscendo. E' riemersa da un brutto infortunio al ginocchio che l'ha fermata un anno. Ha giocato molto. E io è come se rivivessi certe sensazioni. Anche perché il segreto di questa squadra era pure il nostro: un gruppo unito, che si diverte e dà tutto".


Questa foto mi fa emozionare... Grazie Giugiù.